I feel like it’s so out-of-fashion that maybe it’s in fashion now. The structure, the scale, the chord progressions I write — they all feel like they’re out of time with what’s “now,” but that’s not gonna keep me from doing music like this (Gary Louris)

Essere i Jayhawks ad inizio anni Novanta, in piena esplosione dell’era grunge e delle rotazioni musicali da MTV non deve essere stato facile: nascere in una città come Minneapolis, attraversata dagli incendiari furori hardcore punk di band fondamentali come Husker Du e Replacements, passare per la mitica Twin/Tone di Peter Jesperson e voler ostinatamente far rivivere il mito di Gram Parsons con quel suo sogno di scardinare le barriere fra due mondi distanti come rock’n’roll e country, deve averli fatti passare quantomeno per dei freak anacronistici e fuori di testa. Essere ancora e nonostante tutto i Jayhawks nel 2016, in anni in cui semplicemente persino le chitarre vengono considerate “out”, e continuare orgogliosamente per la propria strada  ha del commovente, ma è anche così dolcemente rassicurante quanto può esserlo tornare in un luogo dell’infanzia e ritrovarlo esattamente com’era.

Allo stesso modo, essere una che nel 2016 sceglie di ascoltarsi il nuovo disco dei Jayhawks per raccontarlo sulle pagine di una webzine indipendente [continua su Rocklab]